Ezra Pound ha detto che “chi non si intende di economia non capisce la storia…”.
Se qualcuno – tre anni fa – ci avesse detto che saremo stati vittime di un virus che uccide a migliaia e che paralizza l’economia; che costringe a chiudere scuole, fabbriche e teatri, paralizzando la vita sociale di tutti. Che subito dopo saremo stati costretti a fare i conti con una guerra in Europa, con migliaia di vittime civili, con sanzioni contro una potenza mondiale; costringendoci ad interrompere rapporti commerciali e a rivedere tutti i nostri paradigmi di rifornimento energetico… Ecco: se qualcuno ci avesse detto una cosa del genere, gli avremmo dato del matto.
E invece siamo lì.
E allora necessita una riflessione economica e logistica. Credo che su quella umanitaria ci troviamo tutti d’accordo.
Se mettiamo insieme le popolazioni di Russia, Cina, India, Iran e Turchia (la Corea del Nord al momento la lasciamo fuori…) ci rendiamo conto che quasi la metà della popolazione mondiale è governata da strutture che – comunque le vogliamo chiamare – sono lontanissime dal nostro modo di concepire la vita sociale, la democrazia e l’economia.
Paesi in cui i governi non hanno i problemi di consenso elettorale, semplicemente perché non si vota. Paesi in cui esprimere un’opinione può costarti anni di carcere o anche la vita.
Qualcuno potrebbe dire: “lasciamo questi discorsi alla geopolitica e ai politici e noi occupiamoci di economia e logistica. Almeno su riviste come Il Giornale della Logistica, risparmiateci le solite litanie socio-politiche.”
E invece no: quello che sta succedendo nel mondo riguarda le imprese e la logistica.
Dobbiamo cominciare a prendere atto che quando si intraprendono relazioni commerciali con quei mondi cosi diversamente governati, ci troviamo di fronte a realtà molto, molto diverse dalla nostra. Che si puo’ scatenare una guerra, come è successo, perché nessuno in quella nazione può impedirlo.
Le nostre relazioni commerciali e le nostre catene logistiche non possono più prescindere da questo. Per trovare soluzioni dobbiamo partire da questa consapevolezza.
Come per il Covid, se pensiamo che tutto tornerà come prima facciamo un errore mortale.
Comprare materie prime, approvvigionarsi di energia, vendere in taluni mercati va fatto con una consapevolezza ed una responsabilità nuova.
Le nostre catene logistiche non potranno più prescindere dal fatto che per taluni stati i diritti e l’economia non sono i nostri diritti e la nostra economia. Se non lo facciamo per un senso etico e democratico, almeno facciamolo per le nostre aziende logistiche…
Possiamo tenere rapporti commerciali e logistici con chi ci pare: si abbia almeno la consapevolezza dei rischi economici che si corrono.
Una turbo-globalizzazione che poi chiede aiuto agli stati sovrani democratici, non è solo ridicola, è anacronistica.