Logistica Chiama Scuola

“Ogni parola non imparata oggi è un calcio nel sedere domani”.

Mi è tornata in mente questa frase di Don Milani mentre mi accingevo a buttare giù alcune riflessioni per questa rubrica che oramai, da anni, mi raccorda con Voi attraverso le pagine di questa autorevole rivista.

Don Milani voleva evidenziare che la mancanza di conoscenza e di “parole” crea disuguaglianze e fasce di persone incapaci ed impossibilitate alla partecipazione attiva, nella società e nel mondo del lavoro. 
 

Ho ripensato a queste parole leggendo i dati sull’abbandono scolastico e il rapporto scuola-lavoro presentati nell’ultima ricerca Istat: “Il benessere equo e sostenibile in Italia 2021”. Dicono gli esperti che la Logistica in Italia – con le sue 90mila imprese e il milione di occupati – rappresenta il 9% del PIL nazionale. Per capirci: il settore automotive, con i suoi 250 mila addetti, rappresenta il 5,6% del PIL; il fashion 1,2%; per citare due settori di certo più noti e blasonati. Se, dunque, evidenziamo e rivendichiamo una dignità logistica, dobbiamo anche di pari passo essere consapevoli che i nostri “mali italici” tracimano anche dentro il nostro amato settore.

I dati della ricerca Istat non sono confortanti: i “Neet” – quei giovani dai 15 ai 29 anni che non studiano e non lavorano – sono in Italia il 23,1%; con punte al sud del 36,3%: significa che, in media, due ragazzi su dieci sono condannati, per dirla alla Don Milani, a “prendersi parecchi calci nel sedere” nel loro immediato futuro.
 

I dati sul tasso di istruzione medio non vanno meglio e ci pongono come fanalino di coda in Europa: solo il 62,7% delle persone tra i 25 ed i 64 anni ha almeno il diploma superiore. La media europea è del 16% più alta!

Per quanto riguarda l’Università le cose vanno anche peggio: i giovani di 30-34 anni in possesso di un titolo di studio terziario sono il 26,8% in Italia, contro più del 41% dei loro coetanei europei.

Ma che c’entra tutto questo con la nostra Logistica?

Penso ai profili di magazzinieri preparati, di analisti gestionali, ai carrellisti, agli ingegneri informatici, ai pickeristi, fino agli autisti di camion. Figure oggi quasi introvabili o perlomeno con la professionalità che il lavoro richiede.

L’abbandono degli studi e il quasi anacronistico rapporto scuola-lavoro stanno creando le basi non solo per una società più iniqua e quindi più fragile, ma anche di un’economia e logistica che non trova risposte alle proprie domande di figure professionali solide e preparate.
 
Riflettiamoci bene e non perdiamo occasione per stimolare chi governa e deve prendere decisioni ad occuparsi della cosa più importante per il futuro, anche economico: la scuola e i nostri giovani!
 

Il dibattito politico è privo di scuola e giovani, cosi come i progetti per un rinnovamento vero della scuola e del comparto dell’istruzione.

Don Milani era un profeta e pensava alle persone ed a una società più equa: noi potremmo limitarci a crearne una economicamente più intelligente, prendendoci cura dell’istruzione di quel patrimonio silente che stiamo colpevolmente trascurando: i nostri ragazzi. Il nostro futuro.

Alberto Cirelli, Direttore Commerciale di GEP Informatica, per Il Giornale della Logistica.

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