Può, chi lavora nel campo della logistica, affrontare anche argomenti che vanno al di là delle supply chain? Possiamo dire qualcosa di “politico” e “sociale” anche noi?
Io credo di sì e credo, anzi, che i tempi lo richiedano: abbiamo il dovere di farlo.
Il momento che stiamo vivendo è storico e ciascuno deve prendersi le proprie responsabilità: mi voglio prendere le mie e affrontare un argomento delicato come quello delle risorse e degli investimenti che vedranno protagonisti gli Italiani – nel bene o nel male – nei prossimi decenni.
Parlo del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato definitivamente il 13 luglio scorso: 191 miliardi di cui 70 a fondo perduto. E parlo degli Italiani (scrivo volutamente con la maiuscola) e del loro storico limite nella gestione delle risorse.
Mi aiutano le citazioni e le cose che leggo e mi consola che altri più bravi e prima di me abbiano usato lo stesso metodo.
”Sono un giornalista che ricorre, con una certa frequenza, alle citazioni: perché ho memoria e perché ho bisogno di appoggi: c’è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me.” scriveva così Enzo Biagi, un uomo delle mie terre. E allora inizio.
PNNR e gestione delle risorse: l’assalto alla diligenza è un rischio da scongiurare
Non si sa se il primo a pronunciarla sia stato Giolitti o Salandra; di certo l’espressione “assalto alla diligenza” ha assunto negli ultimi decenni il senso a cui pensiamo noi oggi: arrivano i soldi dello Stato e tutti ci si buttano sopra. Tutti ad approfittare della situazione portandosi a casa una fetta di bottino, perché a volte basta poco per accontentare il proprio elettorato e la propria lobby.
Un malcostume italico che oggi, tuttavia, può rappresentare un fattore concreto di rischio nel non poter accedere ai fondi o nel non vederli investiti per quello che sono: l’ultima speranza e l’ultima chance che ha la nostra generazione per non farsi maledire da quelle future.
Cosa pensano gli Italiani degli Italiani? In passato tante voci, anche autorevoli, hanno espresso giudizi a volte inclementi, altre volte fiduciosi e stimolanti. Giudizi che possono aiutarci nel valutare le sfide enormi che abbiamo davanti.
Di questi il primo che torna alla mente è quello di Piero Gobetti, giovane e profetico fino al sacrificio per la deriva che avvertiva nel contesto fascista in cui viveva: “In pratica le cose in Italia non cambiano mai, cambiano i nomi e le occasioni della storia, ma, in definitiva, i nostri mali e i nostri vizi rimangono sempre desolatamente uguali”.
Parto volutamente da questa affermazione per evocare il rischio dell’assalto alla diligenza, i cui prodromi purtroppo si vedono già.
Non basterà affrontare – cosa già impegnativa – le varie riforme che dobbiamo concretizzare. Troppo spesso, infatti, l’assalto alla diligenza si è concretizzato in enunciazioni e successive spartizioni e non ce lo possiamo più permettere. Dalla riforma del fisco, al mercato del lavoro, a quella della giustizia, alle semplificazioni, il trucchetto è sempre il medesimo: applicare delle norme generali e poi subordinarle all’adozione di provvedimenti secondari che rimangono nel cassetto.
Con il PNRR, per fortuna, questa modalità non sarà possibile: la Commissione Europea ha messo le mani avanti e ha inserito i provvedimenti attuativi – che sono il momento in cui si concretizza l’assalto alla diligenza – tra le condizioni da rispettare per accedere ai fondi previsti dal Piano.
Per evitare l’assalto è quindi necessario che i partiti e i gruppi sociali – e anche chi si occupa di logistica per quanto di sua competenza e responsabilità – diano una prova di grande maturità e responsabilità.
Responsabilità e senso del dovere: non facciamo la fine del pesce gatto
Ce lo siamo ripetuti tante volte: nulla sarà come prima e non potremo cavarcela con un semplice rimbalzo economico, perché anche tornare ai livelli di Pil pre-pandemici non ci porterà da nessuna parte e siamo arrivati al 2019 da due decenni di stagnazione.
Il PNRR ci indica dunque una strada di maturità e responsabilità per superare i nostri nodi atavici e farci dimenticare gli assalti alla diligenza che ci hanno portato negli scorsi decenni ad essere il paese europeo con il più alto debito pubblico e con la crescita più bassa. Non dimentichiamocelo, questi eravamo noi prima del Covid: stagnanti e indebitati.
Un salto morale e etico prima ancora che economico, un nuovo senso di responsabilità e di dovere. Non è cosa che nasce oggi.
“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere.”: sono parole pronunciate da Aldo Moro che ci aiutano a inquadrare cosa fare e cosa no.
Nella terra che mi ha visto crescere – la bassa ferrarese – esiste un tipo di pesce chiamato “pesce gatto”. Non sono un esperto, ma so che si trova anche da altre parti. La sua immagine mi torna alla mente per il contesto in cui l’ho visto quando ero piccolo.
Questo pesce sopravvive anche con poca acqua e nel fango e sa adattarsi in condizioni melmose. Prima o poi, tuttavia, i canali e le risaie dove vive si abbassano e il pesce gatto resiste finché può: si accontenta di poca acqua, la melma non lo spaventa e gli basta poco ossigeno, ma quando il livello si abbassa troppo e canali e risaie vengono asciugati per la mietitura anche lui si arrende.
Allora adulti e ragazzini vanno a “pescare” i pesci gatto, ormai morti, con il retino, senza fare neanche troppa fatica.
La nostra economia e la nostra società non possono – e non devono – fare la fine del pesce gatto: l’orgoglio di saperci resistenti e capaci di vivere anche con poco ossigeno non ci deve far dimenticare che quando poi questo finisce il rischio è quello di venire raccolti mezzi moribondi.
Assaltare la diligenza significa togliere ossigeno e nemmeno i pesci gatti possono vivere senza. Se guardiamo ai parametri che indicano la capacità di competere e di dare un futuro ai propri giovani siamo oggi messi peggio di una decina di anni fa. Non siamo sotto attacco dei mercati internazionali e abbiamo la possibilità e responsabilità di investire più di 200 miliardi messi a disposizione dall’UE: per non fare la fine del pesce gatto serve un impegno maturo e solenne di tutti a realizzare il PNRR e a non considerarlo come l’ennesima diligenza da assaltare o contro cui levare scudi di parte.
Leo Longanesi forse aveva ragione quando diceva che “noi italiani vogliamo fare le rivoluzioni a dispetto dei Carabinieri” e forse è per questo che serve davvero una nuova responsabilità sociale. Meno diplomatico e più fulminante Totò quando ci descriveva: “Io non rubo, integro. D’altra parte in Italia chi è che non integra?”
Compiacersi dei propri vizi, fin quasi ad accettarli come virtù, può andare bene per un comico, ma non per il sentimento di un’intera classe dirigente: è tempo davvero di un senso di dovere e responsabilità nuovi di cui tutti dobbiamo essere consapevoli e protagonisti.
Dunque niente attacchi alla diligenza per non fare la fine del pesce gatto: se proprio dobbiamo fare appello ad una virtù italica pensiamo alla tenacia perché, come ha detto Giovannino Guareschi, coriaceo visionarie delle mie terre: “Gli italiani, se ci si mettono di picca, non muoiono neanche se li ammazzano.”.